Zgodbe iz Slovenije

Alla scoperta della seta nel Museo della Filanda di Salzano

07.08.2022
La filanda Mylius di Giovanni Migliara. Fonte: Wikipedia, immagine di Pubblico Dominio

di Gorazd Skrt, fondatore di Lovely Trips, fornitore sloveno di soluzioni di viaggio

Com’è noto, la possibilità di ricavare una pregiata fibra tessile dal bozzo di un particolare tipo di insetti della specie Bombyx mori, fu scoperta in Cina svariati millenni fa. È in Oriente che fu scoperta la seta, un tessuto straordinario e rimasto simbolo di raffinatezza, ricchezza ed eleganza attraverso i secoli. Si suole raccontare che la bachicultura e la lavorazione della seta siano state un’idea dell’imperatrice Lie Zu, vissuta nel III millennio a.C., ma scoperte archeologiche recenti collocano l’uso della seta nell’attuale Cina molto più indietro nel tempo.

Per rendersi conto di quanto fosse ritenuta preziosa la seta, basti pensare che per secoli gli imperatori cinesi cercarono di tenere i segreti della sericoltura esclusivamente all’interno dei confini del loro impero. Per molto tempo riuscirono nel loro intento: in Europa la sericoltura ebbe inizio molto più tardi, verso la metà del VI secolo d.C., e molto timidamente. E, se la scoperta della seta si deve alla Cina, in Europa la vera affermazione della coltivazione del baco e della lavorazione della seta avvenne in Italia.

Abbigliamento in seta, Tacuinum sanitatis casanatensis (XIV secolo). Fonte: Wikipedia, immagine di Pubblico Dominio

Nel XII secolo, a Palermo, era attiva una fabbrica reale dove lavoravano orefici, gioiellieri, ma anche operai della seta. Dal XII secolo l’Italia rimase prima in Europa per produzione e, nel XIX secolo, condivideva il podio della produzione mondiale di seta greggia con Cina e Giappone. Le filande, cioè gli stabilimenti dove si lavorava e si filava la seta, divennero sempre più numerosi, vasti e organizzati, arrivando a dare lavoro a centinaia di donne alla volta, e costituendo un pilastro della transizione dall’economia agricola a quella industriale.

Ma la bellezza del tessuto non tragga in inganno: quello in filanda era un lavoro durissimo, che segnava in modo permanente le mani delle filandere (com’erano chiamate le donne impiegate negli stabilimenti) le quali spesso dovevano immergere le mani nell’acqua a 70–80 gradi, e naturalmente erano sottoposte a controlli giornalieri di produttività e qualità del lavoro. La produzione di tessuti e abiti oggi è radicalmente diversa: le fibre sintetiche sono quelle di gran lunga più usate, e la durevolezza di gran parte degli indumenti che acquistiamo non ha niente a che fare con quella di un tempo.

Fonte: http://www.filandadisalzano.it

Ecco perché visitare il Museo della Filanda di Salzano è una splendida idea: al suo interno si riscopre non solo un’attività economica che, per moltissimo tempo, fu tra le più importanti in Italia; ma pure una vicenda strettamente intrecciata con la storia italiana ed europea, che merita di essere conosciuta, ricordata e trasmessa. La Filanda di Salzano fu costruita tra i 1870 e il 1872 dalla famiglia Romanin-Jacur, ebrea e originaria di Padova. Sorge nella vasta tenuta acquistata nel 1847 da Moisè Vita Jacur (1797–1877), cofondatore delle Assicurazioni Generali di Trieste.

La Filanda di Salzano si collocò subito all’avanguardia tra gli stabilimenti del settore. Il nipote di Moisè Vita Jacur, Leone Romanin-Jacur, ingegnere, installò nella sala della filatura un sistema di ricambio dell’aria brevettato che risolse l’annosa questione della “fumana”: l’acqua delle bacinelle di trattura veniva continuamente riscaldata, creando una condensa tale che, nei mesi freddi, diventava difficile addirittura vedere a pochi metri di distanza. Era un po’ come lavorare in una fitta nebbia.

Leone Romanin-Jacur. Fonte: Wikipedia, immagine di Pubblico Dominio

Quella del Museo della Filanda è un’esposizione affascinante, ma da qualche mese lo è ancora di più. Lo scorso 29 maggio, infatti, è stata inaugurata la nuova Sala Multimediale del museo, un’installazione innovativa in cui delle farfalle virtuali accompagnano i visitatori tra contenuti nuovissimi sulla seta e la sua lavorazione, oltre che sui protagonisti della Filanda di Salzano.

Realizzata grazie al “Progetto Merlin CV”, nell’ambito del programma di cooperazione transfrontaliera INTERREG Italia-Slovenia 2014–2020, con la collaborazione di partner italiani e sloveni, questa sala offre un’esperienza multimediale e immersiva, alla scoperta di un lavoro che oggi conoscono in pochissimi. Ma che fu uno dei motori principali della trasformazione dell’economia dell’Italia, e in particolare di quello che poi fu chiamato “Made in Italy”.

Fonte: http://www.filandadisalzano.it

La Filanda di Salzano arrivò a dare lavoro a 200 donne (mentre gli uomini in stabilimento erano spesso solo 3), e fu un fiorente stabilimento produttivo sino al 1937. Dopodiché, le leggi razziali fasciste prima, e la Seconda guerra mondiale poi, forzarono l’interruzione dei lavori. Riaprì le porte nell’immediato Dopoguerra, tentando di tornare ai livelli di un tempo. Ma negli anni Cinquanta, con l’arrivo sul mercato delle nuove fibre sintetiche, meno costose e più rapide da produrre, fu costretta a chiudere definitivamente.

Grazie alle notevoli installazioni, alla cura dei dettagli, e all’attenzione per offrire un’esperienza fruibile e affascinante alle persone diversamente abili, il Museo merita davvero una visita. Le visite guidate sono a cura dei volontari dell’Università popolare del Nordest, e grazie alle ricostruzioni visive e acustiche, permettono di vivere un’esperienza unica, diventando osservatori di ogni fase della lavorazione della seta, proprio come se stesse accadendo davvero, ancora oggi.

Il post sopra è pubblicato sul blog di Lovely Trips, denominato LovelyTripsBlog. Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Lovely Trips è un fornitore sloveno di soluzioni di viaggio per agenzie di viaggio, TO e altre realtà del mercato italiano, e tali soluzioni includono proposte degli enti e delle aziende citate nel post. L’autore del blog non è responsabile del contenuto dei commenti ai post, né di contenuti terzi.

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